John Surman, The amazing adventures of Simon Simon (ECM, 1981)

Sono passati trent'anni dalla pubblicazione di quello che considero il lavoro piu' visionario del saxofonista britannico John Surman, e uno dei capisaldi del catalogo ECM.

The amazing adventures of Simon Simon porta a pieno compimento la fusione tra improv jazz e utilizzo del sintetizzatore, suonato come base sonora alla quale vengono progressivamente (avverbio non scelto a caso) sovrapposti intricati overdubbing di sax soprano, baritono e clarinetto basso.

La batteria di Jack DeJohnette anziche' tenere ritmi aggiunge dinamiche suggerite, percorrendo impreviste strade oblique.

Le avventure di Simon Simon si aprono con una delle tracce piu' memorabili del jazz spirituale e progressivo degli anni '70 e '80, quella Nestor's saga che e' rinnovamento, estasi assoluta, ascesa al cielo.

Interrompete qualsiasi cosa state facendo, almeno per una decina di minuti: chiudete gli occhi e immergetevi in questo suono purissimo.

Commenti

Anonimo ha detto…
Brano (e album)sempre straordinario, come del resto alcuni dei successivi (a me piace molto Private City ad esempio). Lo vidi a Verona moltissimi anni or sono al Posto, un meritorio locale purtroppo estinto da tempo, programmarsi i synth e suonarci sopra con un arsenale di fiati.
Grande idea la tua di ricordarlo e di proporlo a chi magari non lo conoscesse, caro Fabio.
Nicola

ps. VenerdƬ scorso al Dal Verme ho ascoltato Thurston Moore nel suo progetto solista e mi sono trovato per vicini di poltrona i Red Hot Chili Peppers, la vita ĆØ ben bizzarra a volte, non credi ?
Fabio ha detto…
Mi hanno raccontato proprio ieri sera dei Red Hot Chili Peppers al concerto di Thurston Moore al Dal Verme. Una persona che conosco era seduta proprio davanti a voi. Strana cosa, chissa' che ci facevano a Milano.

La discografia di Surman e' stellare, e Private City (ristampato recentemente a prezzo modico) e' tra i suoi dischi che anch'io preferisco.

Ultimo concerto jazz visto qui a Londra: Antonello Salis, giovedi' scorso all'Istituto di Cultura Italiana.

Se ti capita non perderlo dal vivo, a proposito di jazz che si contamina con tutto quello che capita a tiro. Salis non lo conosco ancora abbastanza, ma mi ha molto impressionato.

Jazz in movimento.
Anonimo ha detto…
Come di consueto ho preso nota del tuo consiglio, ne ho seguiti molti e sempre ti devo ringraziare per avere arricchito le mie conoscenze. Quanto ai RHCP, ignoravo che fossero in tour in Italia, avevano una serata vuota e sono venuti ad ascoltare il vecchio Thurston. E alla luce della mostruosa bravura dimostrata da Moore con due chitarre acustiche rese incandescenti dai suoi leggendari pedali, mi piace immaginare che il loro nuovo chitarrista, il pischello Josh Klinghoffer, sia uscito dal teatro meditabondo, rendendosi conto che la strada per diventare un vero grande chitarrista rock ĆØ ancora molto molto lunga.
Nicola
Fabio ha detto…
Dovremo abituarci al Thurston solista, e immagino sara' una piacevole abitudine.

Purtroppo quando ha suonato qui a Londra l'ho perso. Credo perche' non ero in citta'.

E comunque potrei proprio non averlo saputo. Mi sto muovendo nella musica come un esploratore d'altri tempi, di quelli che restano affascinati da strade non ancora battute (o battute da altri esploratori indipendenti, perfetti sconosciuti con i quali e' bello percorrere tratti di sentiero).

Facendo cosi' so di perdere molte delizie che un tempo non lontano avrei atteso con trepidazione. E pero' sai com'e' Nicola, call of the wild: non ci puoi fare molto.

Vediamo dove mi portera', lo scopriremo solo vivendo, accettando sorprese. E' un bel viaggio, questo e' certo.