Buddha of suburbia

Come scrisse Sean O'Hagan qualche tempo fa sull'Observer it would be difficult to imagine the world according to David Lynch or Gus Van Sant or Juergen Teller or Sofia Coppola without the world according to William Eggleston.

Gli ultimi scatti del maestro americano, in mostra alla Victoria Miro Gallery, riprendono i temi che gia' conosciamo. Sono frammenti di realta' urbana capaci di raccontare storie di profonda umanita'. I personaggi e le storie pero' li introduciamo noi: Eggleston ci fornisce solo l'ambientazione, il fondale. Spesso solo un particolare (particolari che col tempo si sono fatti sempre piu' astratti), che magicamente si rivela sempre evocativo. I see my pictures as parts of a novel I am writing.

E' interessante che per arrivare alla Victoria Miro' sia inevitabile costeggiare una stazione di servizio della Texaco con tanto di McDonald's Drive Thru (sgargiante eppure cupa, tristissima), un pezzo di America nel centro di Londra, un po' come messo li' apposta per prepararci a quello che vedremo.

E pero' forse sarebbe stata una migliore preparazione per altre mostre di Eggleston. Negli anni, i colori delle sue fotografie sono diventati meno vivi, piu' silenziosi, addirittura un po' sbiaditi, come ricoperti dalla polvere del tempo. E i soggetti si sono fatti sempre piu' vaghi, sfuggenti: l'interno di un freezer, rotoli di carta da parati, la schiuma dell'autolavaggio sul parabrezza visto dall'interno di una macchina. Le tracce di esseri umani diventano sempre piu' suggerite, sempre meno evidenti.

A colpire e' spesso la prospettiva scelta, che e' sovente quella di un'osservatore partecipante, attratto da un particolare della scena. O che forse posa lo sguardo casualmente, come sulla copertina di Radio City dei Big Star, che mi ha sempre fatto pensare a quando si finisce per vedere qualcosa distrattamente, senza davvero esserne consapevoli, semplicemente immersi nei propri pensieri.

Per vedere l'eccentrico Eggleston in azione, consiglio ancora una volta il bel documentario William Eggleston in the real world, del quale parlammo qui.

Se riesco domattina la mostra (che e' qui proprio dietro casa) vado a rivederla ancora una volta prima che chiuda (il 27 Febbraio), e se mi viene in mente qualcos'altro da dirvi, lo aggiungo.

Commenti

Anonimo ha detto…
A proposito di stazioni Texaco e immaginario americano in Inghilterra:

"This is an idea of America imposed on human topography that is so much older and more ancient, confused and anarchic. It has the air of imposture. [...] This is a quintessentially English vision. It isn't postmodernism. The English never really got to Modernism. It happened too early, it's been forgotten. This is a hinterland of a hinterland. People are being drawn out of the city towards it."

(Will Self a colloquio con Iain Sinclair in "Hackney, that Rose-Red Empire" di Sinclair. L'ho trovata ieri sera e mi pare che in un certo senso calzi).
Anonimo ha detto…
Di Eggleston non ho mai visto mostre, solo alcuni bei libri dalla fornitissima biblioteca di un amico fotografo molto bravo,
Marco Signorini, che approfitto per farti conoscere. Ha anche un blog dove fa conoscere nuovi fotografi, ci si scoprono cose molto interessanti.
ciao! laura
Fabio ha detto…
Elleeffe -

Certamente si'. Quella stazione di servizio sembra presa di peso da un'altra geografia. E' una specie di fotomontaggio, solo che e' reale. E' come vedere il Duomo di Milano a Tokyo.

Laura -

Grazie, e' un blog bellissimo. C'e' un'interessante evoluzione dei blog, del quale Un'altra donna e' parte, come una maturazione, una focalizzazione. Piu' passano di moda, e piu' i blog migliorano. I blogger che non avevano nulla da dire sono col tempo passati ad altri linguaggi, rapidi e vuoti, liberando spazio. E' una buona cosa, secondo me. Grazie per la segnalazione.
Marco Reina ha detto…
Voglio consigliare la visione/l'acquisto del catalogo della mostra "Paris" (che ebbi la fortuna di vedere), allestita lo scorso anno alla Fondazione Cartier per l'Arte Contemporanea di Boulevard Raspail a Parigi.
E' l'ultima grande opera di Eggleston, il risultato di un lavoro durato tre anni fotografando Parigi con un occhio unico, non servile all'iconografia classica di quella meravigliosa citta'.
Mai cosi' diversa da come la possiamo normalmente immaginare, mai cosi' autenticamente Parigi come ce la restituisce Eggleston.
Fabio ha detto…
Grazie Marco. Non ho ancora dato un'occhiata approfondita ai cataloghi in vendita alla Victoria Miro, ma provvedero' in settimana.

A proposito di cataloghi, Sabato mi sono regalato quello di Dieter Rams come ti dicevo ieri.

Ieri sera l'ho sfogliato ancora una volta e confermo che e' uno dei migliori della mia collezione. 800 pagine e un prezzo non economico, ma sono le 35 sterline spese meglio da molto tempo in qua.

Si trova al grazioso negozio del Design Museum.
Anonimo ha detto…
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