Paisley underground

No, non un post su loro, loro e loro, ma su un musicista che le atmosfere della neopsychedelia californiana le ricorda a partire dal cognome.

Doug Paisley arriva in realta' da un po' piu' in alto a destra, Toronto per la precisione, citta' natale del vecchio zio Neil. Che regala ispirazione alle soffici melodie pop folk del suo esordio, nemmeno troppo distanti dai suoni bookshop friendly dei Fleet Foxes - che qui a Londra in questi giorni si ascoltano davvero dappertutto.

Altro nume tutelare del giovane Doug e' il nostro Willaccio, che a un certo punto l'ha pure portato in tour con se'.

Al suo primo album, Doug Paisley ha voluto dare il suo stesso nome. Lo pubblica la sconosciuta No Quarter, e non e' il disco piu' facile da reperire al mondo, ma il suo ascolto ripaga con gli interessi di attese e ritardi. Psychedelica la grafica, in armonia con il folk rock floreale e profumato di spezie che ispira questi suoni. Morbido e intenso il dialogo tra la voce di Doug e quella di Simone Schmidt, la sua personale Dawn McCarthy.

Vi rimando a questo post, per approfondire. Qui potete ascoltare il brano che apre l'album e qui il suo personale The letting go.

Commenti

Anonimo ha detto…
Ma che fortunaccia Fabio, puoi andare al Barbican a vedere la mostra su Le Corbusier!!! Raccontami se vai... :-)
Fabio ha detto…
E' la mostra annuale dedicata all'architettura. Straordinaria fu quella di due anni fa, dedicata a Alvar Aalto, e questa sento non sara' da meno. Ne parlero' sicuramente, sia qui che alla radio.