Other music # 17


Non so bene di cosa scrivere. Capita. Facciamo che vi copio un frammento del carteggio con G., una cosa scritta pochi minuti fa. Non ha un tema particolare, piuttosto tanti un po' mischiati, che i lettori di Engadina Calling riconosceranno - ritornano spesso su queste frequenze.

A me sembra davvero che ci sia una bella differenza tra l’Italia, l’Europa, e qui. Da noi si contrappongono in modo forte due sistemi di valori, il che significa che i valori esistono (magari certi sono disvalori dal nostro punto di vista, certo), che vengono espressi con passione. Qui e’ tutto piu’ sfumato, sono piu’ apatici, meno schierati, quasi indifferenti a tutto. Il modo di divertirsi, tranne quello di una piccola minoranza, e’ piu’ grossolano, meno raffinato: andare al pub, guardare film comici, sentire canzonette. Questo F. che citi mi e’ simpatico. Mi sembra da quello che dici uno che ha interiorizzato certi valori, magari non rivoluzionari (Repubblica, l’elegante aplomb upper class di Veltroni, la cultura da libreria Feltrinelli), ma certamente uno capace di capire, se comprende cosi’ istintivamente la tua esigenza di lavorare part-time, di dare valore al tempo per le relazioni.

Quest’estate ho letto un bel libro, Economia della felicita’, di Luca De Biase, un giornalista del Sole 24 Ore amico del mio amico Paolo. Parla di valore del dono e di poverta’ dell’opulenza. Di tempo ed esperienza, contrapposti a possesso e ostentazione. Smonta il paradigma della crescita. Cita Robbins e Polanyi, Csikszentmihalyi e Easterlin, e lo fa con leggerezza. Te lo consiglio perche’ fa’ capire molte cose. Sai quando leggi un libro e ti viene voglia di conoscere l’autore. Pensa che Paolo me l’ha passato dicendo: leggi questo, l’ha scritto un mio amico che e’ esattamente come te. Forse la resistenza al sistema oggi passa di qui, dall’affermare con forza in tutte le occasioni possibili i valori della felicita’, delle relazioni, dell’amore, dell’amicizia profonda, della natura, del rispetto per tutti i viventi. E’ un libro straordinariamente positivo, che trasmette entusiasmo per il dono, la comunicazione, l’esperienza condivisa.

(A proposito di condivisione, posso usare quello che ho scritto qui sopra per un post? Posso citare il mio carteggio con te?).

Vorrei avere la possibilita’ di annullare le distanze geografiche e leggere a voce alta insieme a te. E quando uno e’ stanco passa il libro e l’altro continua. E ci si ferma tutte le volte che si vuole e si introducono riflessioni personali, e si beve del buon te’, e si sonnecchia al sole, e si lascia che il tempo passi, sapendo che il tempo passato insieme e’ tempo di qualita’, tempo che si ricorda, tempo importante.

Commenti

Myriamba ha detto…
Il "qui" dov'e'? UK?
Fabio ha detto…
Si', concordi con me?
Myriamba ha detto…
ne parliamo lunedi prossimo :)
Anonimo ha detto…
Anche a me piacerebbe lavorare mezza giornata... ma guadagnando il doppio: con tutto quel tempo libero, la tentazione di fare shopping sarebbe troppo forte. :-)
Scherzi a parte, in un suo articolo Bertrand Russell affermava che se il lavoro fosse razionalizzato su scala mondiale (con conseguente eliminazione dei disoccupati, degli sprechi, etc.) non sarebbe necessario dedicargli piĆ¹ di un'ora o due al giorno a testa. Prima o poi ci arriveremo (o arriveranno, purtroppo). Qohelet
Fabio ha detto…
Myriamba -

Va bene, curioso di sentire le tue opinioni.

Qohelet -

Chissa' se ci arriveranno mai. Sono un po' scettico, meno ottimista di te (e di Luca). Ci sara' sempre chi trovera' il modo per lavorare tre ore o piu'. Come diceva Oscar Wilde: il lavoro ĆØ il rifugio di chi non ha di meglio da fare...
artemisia ha detto…
Mi fa un po' effetto commentare su un blog che ha cambiato nome.
Questa mi pare un'ottima "fuga" in senso deleuziano, scusa ma lo sto leggendo e mi ci sono un po' fissata, ma mi pare che sia un po' in linea col tono del post e coi tuoi progetti di vita, e con le tue letture (vedi Polanyi).
Anche a me piacerebbe leggere ad alta voce insieme a te.
Buona fuga.
Fabio ha detto…
Avesse solo cambiato nome il blog, cara Arte! Temo sia in atto un cambiamento piu' profondo. Anzi non temo, perche' temere? Sento, ecco.

TS Eliot, in The Cocktail Party, (1950: act I, sc. 3) scriveva:

What is hell?
Hell is oneself,
Hell is alone, the other figures in it
Merely projections. There is nothing to escape from
And nothing to escape to. One is always alone.

Resto forse distante da tale grigia conclusione (questo blog e' la riprova del mio scetticismo) ma ho letto in questo passaggio qualcosa di cruciale.

La soluzione resta come solito in noi, non altrove.

Leggeremo insieme dunque, su un verde alpeggio: considerati fin d'ora mia ospite in quel di Schaffhausen, alle prime avvisaglie di primavera.
artemisia ha detto…
Ma questo ĆØ bellissimo.
Noli foras ire.

Ci verrei davvero volentieri.
(attenzione alla cascata di Schaffhausen, da piccolo Jung ci stava cadendo e fu salvato per un pelo, il che secondo me ha un valore simbolico)

Quanto a Eliot, bĆØ, qui mi fermo.
Fabio ha detto…
Quel simpaticone di Eliot non va preso sul serio in effetti, e in piu' letto la sera tende a disturbare il sonno.